L'idrogeno è considerato una delle fonti energetiche più importanti del futuro. Molti Paesi sono alle prese con una vera e propria "corsa" verso una produzione stabile e sostenibile di questo nuovo carburante, altri invece perdono tempo e fanno cattivi investimenti.
Purtroppo l'Europa dell'idrogeno ha un problema: si chiama "materie prime", il Vecchio Continente vuole produrre 10 milioni di tonnellate di H2 nel 2030, ma deve fare i conti con minerali, gasdotti e burocrazia.
L'Europa, intenzionata a non restare indietro, nell'ultimo periodo, ha approvato e dato il via a numerosi progetti in Francia, Germania, Italia e Spagna.
L'industria del futuro ha bisogno dell’Idrogeno: gli obiettivi del piano REPowerEU pubblicato nel 2022 mira a raggiungere la produzione di 10 milioni di tonnellate di idrogeno entro il 2030, in impianti dedicati e alimentati da energia rinnovabile tra cui soprattutto l”idrogeno”. Un valore possibile ma ambizioso, che per essere toccato implica il superamento di alcune grandi sfide industriali e finanziarie ed in particolare per ottenere i capitali in breve tempo anche da privati.
Tra le tante tecnologie al vaglio per la produzione di idrogeno, passando dal Nucleare all'Elettrolisi, esiste la tecnologia messa a disposizione dalla HPP che risponderebbe a tutte le attuali richieste del mondo, dalla produzione di idrogeno su larga scala a bassi costi, al recupero delle materie prime critiche strategiche, fino alla fornitura di energia elettrica a zero impatto ambientale.
La scienza tecnologica innovativa di HPP
Obiettivi europei
Negli ultimi documenti pubblici, si apprende che, al momento della firma della dichiarazione congiunta, nel maggio 2022, la capacità di produzione complessiva di idrogeno verde degli elettrolizzatori europei era ferma a 2,5 GW.
Sempre secondo il rapporto, attualmente sono in ballo investimenti da diversi milioni di euro in questa tecnologia; non solo per quanto riguarda gli impianti di produzione, ma anche per tutta la catena di fornitura dei materiali e delle materie prime critiche.
Alcuni paesi hanno poi scelto di attivare nuovi stabilimenti, mentre molti altri hanno annunciato che si stanno prodigando con nuovi piani di investimento verso nuove tecnologie di produzione di idrogeno meno dipendenti da paesi terzi.
Problematiche attuali
Il grande piano espansionistico europeo ha ancora problemi e lacune, sia tecniche che burocratiche, dal punto di vista economico, tecnologico e di risorse umane. Sembrerebbe che i principali problemi derivano tutti dal fatto che, ancora oggi, non esiste una definizione precisa di idrogeno rinnovabile, anzi la stessa sia del tutto confusionaria ed a libera interpretazione. Secondo le multinazionali, persistono infatti lacune nel quadro normativo e ingenti ritardi nelle attuazioni (definizioni e certificazioni, formulazione di obiettivi vincolanti, ecc.). Due fatti che, attualmente, impediscono ai futuri produttori di impegnarsi con estrema sicurezza in questa tecnologia. Poi, sempre secondo le aziende che hanno partecipato al summit, esiste ancora un enorme divario tra gli obiettivi e i fondi effettivamente stanziati in Europa, necessari soprattutto per attrarre investitori privati (secondo loro fondamentali). Infine, c'è poi la sfida più grande, cioè quella della costruzione o del potenziamento delle catene di approvvigionamento integrate (cioè i gasdotti), nonché la verifica dell'effettiva disponibilità di componenti e materie prime per la produzione delle infrastrutture necessarie. Riguardo proprio la questione infrastrutturale, pochi mesi fa c'è stato un accordo tra Francia, Germania e Spagna per costruire l'H2Med, un enorme gasdotto di trasporto sottomarino e terrestre. Si tratta di un'opera di grandi dimensioni, ma sicuramente non sufficiente da sola a garantire un approvvigionamento costante a tutta l'Europa. Ed è solo un esempio.
Le dipendenze per i materiali
Un vero "calvario" dell'idrogeno, è venuto fuori negli ultimi summit, è rappresentato dalle materie prime critiche, riguardo alle quali la stessa Europa nel maggio 2022 ha redatto una normativa dedicata, con l'obiettivo di garantire l'accesso dei Paesi a un approvvigionamento sicuro e sostenibile di queste sostanze attivandosi proprio correndo verso il rispetto dell’Energia Circolare e di recuperare tali materie da ciò che è stato abbandonato nell’ambiente.
In questo ambito rientrano principalmente anche tutti i metalli del gruppo del platino e tutte le materie prime critiche utilizzate soprattutto per realizzare gli elettrolizzatori. L'obiettivo, già fissato, del 65% (per materiale) per la diversificazione delle importazioni sembra estremamente difficile da soddisfare, soprattutto per alcuni dei metalli più utilizzati.
Giacchè, i materiali presenti nelle celle a combustibile e negli elettrolizzatori provengono principalmente da un ristretto numero di Paesi fornitori, non si potrà quindi evitare, probabilmente, una forte dipendenza da essi, come dal Sud Africa per il platino e per l'iridio. Non da poco è la scarsa reperibilità dei fluoropolimeri, elementi ampiamente utilizzati per la realizzazione delle membrane PEM, dei serbatoi di stoccaggio, dei tubi, delle guarnizioni e altro se effettivamente la politica dei territori non corre ai ripari nel riciclo.
In poche parole, quindi, qualsiasi volontà di espansione nella produzione di elettrolizzatori per produrre idrogeno (oltre a necessitare di miliardi di metri cubi di acqua dolce) dovrà essere controbilanciata da una parallela espansione nelle capacità di reperimento dei materiali, o meglio dalle Materie Prime Critiche. Infine, dalla relazione del 16 luglio 2024 della Corte dei Conti Europea che boccia le strategie di Bruxelles si evince che c’è il rischio che si creino nuove dipendenze strategiche: così dalla dipendenza del petrolio si passerebbe alle dipendenze degli elettrolizzatori coi loro paesi fornitori di materie prime critiche, proprio necessari per la realizzazione degli elettrolizzatori.
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