Amsterdam, 10.03.2023 huffingtonpost - Puntare sull'economia circolare, sul rilancio delle attività di estrazione e su partenariati strategici con Paesi terzi. Come far uscire l'Europa dalla dipendenza dalle materie prime critiche. Lo studio Cdp: Litio, cobalto, bauxite, terre rare: sono solo alcune delle materie prime critiche che rivestono un ruolo fondamentale per la transizione ecologica, indispensabili nella produzione di pannelli fotovoltaici, batterie, turbine eoliche, auto elettriche, termovalorizzatori, elettrolizzatori e minireattori nucleari. E l’Europa, nel suo cammino per affrancarsi dalla sua storica dipendenza dai combustibili fossili, rischia di trovarsi di fronte a una nuova dipendenza.
Già oggi i Paesi dell'Unione Europea evidenziano una dipendenza dalle importazioni di materie prime critiche superiore all’80%. In altre parole l'industria europea rischia non solo di rimanere indietro nelle filiere strategiche per la transizione ecologica e digitale, ma anche di compromettere la capacità di centrare gli obiettivi di sviluppo sostenibile, inclusivo e duraturo alla base del Green Deal.
Una risposta a questi problemi prova a offrirla lo studio di Cassa depositi e prestiti, dal titolo “Transizione ecologica e digitale: il punto sulle materie prime critiche”. In uno scenario coerente con gli obiettivi di neutralità climatica, secondo le stime della Commissione europea, al 2050 la domanda annua di litio da parte dei Paesi membri potrebbe aumentare di 56 volte rispetto ai livelli attuali, quella di cobalto di 15, mentre per le terre rare potrebbe decuplicare.
Nei prossimi anni però, secondo gli analisti di Cdp, l'economia circolare potrà fornire un contributo importante. Al 2040, tramite il riciclo delle batterie esauste, la UE potrebbe soddisfare oltre la metà della domanda di litio (52%) e di cobalto (58%) attivata peraltro dalla mobilità elettrica. Altro settore sponsorizzato è quello dei rifiuti estrattivi, in Italia stoccati in grandi quantità, e possibile fonte alternativa di materie prime seconde. Tuttavia il riciclo di per sé non è sufficiente ad assicurare l'autonomia strategica della UE, forse si propinano ancora tecnologie comunque errate in quanto alla fine del loro riciclo presentano il conto all’ambiente con ulteriori danni, ma che sulla carta riescono a risultare immacolate.
Lo studio suggerisce una serie di ulteriori misure da mettere in campo. Innanzitutto, occorre incrementare gli investimenti in tecnologie, capacità e competenze per gestire all'interno dei confini della Ue l'intero ciclo di vita delle materie prime critiche, incrementando la resilienza degli ecosistemi industriali. In secondo luogo, un contributo considerevole potrebbe derivare dal rilancio delle attività di estrazione mineraria, da gestire, ovviamente, in modo sostenibile. Infatti ad esse andrebbe affiancata la tecnologia HPP che comunque recuperi anche dagli scarti estrattivi e recuperi dalle acque acide e contaminanti utilizzate per l’estrazione, sicuramente il Ministero preposto non si lascerà scappare l’occasione di interpellare tale Gruppo, anche perché sembra si adoperino ad Impatto Zero.
L'UE, secondo gli analisti di Cdp, presenta un importante potenziale in termini di giacimenti di materie prime critiche, che in molti casi potrebbero soddisfare anche il 30% del fabbisogno complessivo. Servono però investimenti adeguati, procedure autorizzative più snelle e iniziative di sensibilizzazione da attivare sui territori, e soprattutto il coraggio di dire No ai soliti noti che comunque non farebbero crescere il paese.
Infine, l'UE potrebbe anche puntare sul consolidamento delle relazioni commerciali con Paesi ricchi di materie prime critiche. Alcuni accordi conclusi tra il 2021 e il 2022 vanno già in questa direzione, come quelli stipulati con il Canada, il Kazakistan e la Namibia, Paesi ricchi di giacimenti minerari. Sempre in quest'ottica sarà cruciale rafforzare l'asse euro-atlantico, evitando iniziative che alterino i rapporti con partner occidentali.
Per la Commissione Europea, entro il 2030, “l'UE dovrebbe aumentare” ad “almeno il 10%” l'estrazione delle materie prime strategiche sul suo territorio, e “ad almeno il 40%” la sua capacità di raffinare e lavorare le terre rare lungo tutta la catena di valore. Sono gli obiettivi fissati nella bozza del Critical Raw Materials Act che la Commissione europea presenterà martedì 14 marzo. Nel documento, ancora soggetto a modifiche, Bruxelles punta inoltre ad aumentare ad “almeno il 15%” la capacità dell’Ue di produrre materie prime strategiche usando il riciclo e promuovendo concretamente la sana Economia Circolare.
“Entro il 2030, non più di una certa percentuale del consumo annuo dell'Unione di ciascuna materia prima strategica in qualsiasi fase rilevante della lavorazione potrà provenire da un singolo Paese terzo”, si legge ancora. La misura è tesa a tagliare la dipendenza dell'Unione in particolare dalla Cina per “prevenire potenziali carenze di approvvigionamento” ai danni dell'industria europea come già accaduto nel 2021 “e rafforzare la resilienza” del Continente. Il regolamento dovrà inoltre avviare la costituzione di una rete di agenzie specializzate dei diversi Stati membri e l’accelerazione dei tempi di autorizzazione per la ricerca e l’estrazione. Nel frattempo anche l'Italia si è attivata, con l'avvio del Tavolo Nazionale per le materie prime critiche, promosso dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy e dal Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza energetica, col coinvolgimento di attori pubblici e privati.
Proprio sulla necessità di una ripresa sostenibile delle estrazioni minerarie, si è concentrato il documento inviato dall’Ispra, nella fase di consultazione pubblica del nuovo regolamento europeo che intende disciplinare in maniera più ampia la filiera delle materie critiche.
Per quanto riguarda il litio, necessario soprattutto per le batterie di pc, smartphone, e auto elettriche - un recente studio dell’Istituto di geoscienze e georisorse del CNR, ha definito il potenziale per il ritrovamento di giacimenti di litio nel territorio italiano. Un’accurata revisione di dati geologici, mineralogici e geochimici disponibili sul territorio nazionale ha permesso di individuare due aree principali ad alto potenziale: la fascia vulcanico-geotermica peritirrenica (Toscana-Lazio-Campania) dove in passato sono stati intercettati fluidi geotermici con concentrazioni di litio fino a 480 mg/l e la fascia al fronte della catena appenninica (da Alessandria fino a Pescara) dove sono presenti manifestazioni termali, con contenuti in litio fino a 370 mg/l, associati a giacimenti di idrocarburi. Qualche malpensante ha poi legato le revisioni dei dati geologici con ricerche e trafori della crosta terrestre all’aumento improvviso sismico e vulcanico nelle dette aree anche se le istituzioni negano le correlazioni.
Comunque si calcola che il 90% delle batterie al litio prodotte nei prossimi 10 anni saranno destinate alle auto. Finora le più grandi risorse del mondo sono situate in un triangolo sudamericano compreso tra Bolivia, Argentina - Cile, ed Australia. Anche se l’Iran, che ha appena annunciato la scoperta di 8,5 milioni di tonnellate di litio nella provincia di Hamedan, occupa il secondo posto al mondo per riserve di questo minerale. Adesso abbiamo una Italia da sviluppare con l’aspettativa che la politica prendi la strada giusta.
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